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Paolo Bianchi - Donne smarrite uomini ribelli


Paolo BianchiDonne smarrite uomini ribelli
Cairo
280 pagine, 15 euro

Quanti leggeranno questo libro senza indignarsi? Uno senz’altro sì, chi scrive questa recensione, che ha letto il nuovo romano di Paolo Bianchi con piacere, nel senso sia del divertimento intrinseco che dona una buona lettura scorrevole, sia in quello del sorriso, persino a tratti della risata, che molte pagine di Donne smarrite uomini ribelli sanno suscitare, sia, infine e soprattutto, nel senso di piacere/divertimento che diamo alle letture che toccano i nostri livelli di coscienza più intimi, che mostrano un modo di pensare fuori dagli schemi, inducendoci così a interrogarci e a interrogare con sottigliezza il mondo in cui viviamo. 


Proviamo a spiegarci: Emilio Rivolta, già protagonista del precedente romanzo di Bianchi, L’intelligenza è un disturbo mentale, è un uomo tra  i 40 e i 50 che vive nella ‘città grande’ (palesemente Milano). Vive di una piccola rendita, non lavora, ed è un uomo di vivace intelligenza, di cultura elevata. In una libreria conosce Elisa, e la storia d’amore, pre-, post- e durante la loro relazione, è la ragione di questo libro. Anche Elisa è intelligente, sofisticatamente di cultura, ma c’è questa differenza: mentre Emilio potremmo definirlo ‘conservatore’, Elisa appartiene alla sinistra più progressista.  Emilio non è né insensibile né rozzo, nel suo essere forse di destra, comunque non di sinistra, anzi per l’appunto “conservatore”, e non è per niente chiuso nelle proprie convinzioni, cioè capisce perfettamente di avere, per formazione e radici, una griglia interpretativa del mondo che differisce da quella di Elisa, però appunto 'sua', non assoluta. Questa griglia, con disarmante sincerità, e senza intenti provocatori, a lei non la nasconde. Al fronte di questo, quando le differenze emergono, Elisa anziché considerare anche il punto di vista di Emilio, si chiude e s’indigna, come forse capiterà a molti lettori. Ovvero: una buona parte delle oneste, cioè sincere, opinioni di Emilio possono far trasecolare, per esempio chi sente come doveroso il raggiungimento della parità di genere spinto fino alle più recenti conseguenze anche lessicali, oppure chi si batte per una parità completa – procreazione inclusa – per le coppie dello stesso sesso. Ma tra trasecolare e indignarsi c’è una differenza enorme. Si può trasecolare e poi cercare di capire l’altrui punto di vista (le sue origini, le basi, i punti di forza, le debolezze), finendo per discuterne con franchezza e rispetto (o, da lettori, interrogandosi, ragionandoci), oppure, improduttivamente, come Elisa, pensare che l’altro sia un idiota irrispettoso, indignarsi, alzare un muro, come oggi capita a molti, convinti che pensarla diversamente da loro (su questo genere di temi e non solo) sia un inammissibile atto di lesa maestà.
Ma il bellissimo romanzo di Paolo Bianchi non è solo questo. Non è cioè solo un esercizio ricognitivo di sociologia urbana, è anche e soprattutto una storia d’amore e di sofferenza, giacché questa storia nasce tra due persone segnate da una differenza di punti di vista ma segnate anche da una contrapposizione di rigidità contro fragilità, di imprevedibilità contro necessità di rassicurazione, di impalpabilità contro senso pratico dello stare al mondo, e in tutti questi opposti il primo spetta sempre a Elisa, il secondo a Emilio. La relazione si rompe, una lunga sezione del romanzo è dedicata al dopo, al come Emilio cerchi di sopravvivere, a come cerchi (per esempio con Tinder) nuove relazioni, e incappi in un mondo di single urbane problematiche, ingestibili, lui che peraltro è pure poco gestibile, pochissimo inquadrabile, alquanto insofferente. Ci sono pagine struggenti, forse le più belle, in cui Paolo Bianchi riesce a dar forma al senso di vuoto, all’abisso che crea essere separati da una persona che vive nella tua stessa città, che frequenta gli stessi tuoi ambienti, che speri disperatamente che almeno un poco ti ami ancora (e non lo fa) mentre tu, nonostante un pugno di altre nuove relazioni, la ami ancora come prima. 
Un’ultima nota: si diceva, più su, che questo è un libro divertente anche perché strappa sorrisi e risate. Corrisponde al vero. La disperazione c’è, la nostalgia per un amore perduto pure, ma l’understatement è strumento di uso comune, così come l’ironia, la ricerca della battuta, della situazione comica: qui, come nei romanzi belli davvero, Paolo Bianchi ti racconta cose toccanti con leggerezza e grazia, da vero scrittore gentiluomo.

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